Il genocidio inventato e la massa di pecoroni ignoranti…

by felicitamodna82

Once again I abandon my policy of writing in English. At least for now, because I really don’t have the time to write also in EN and DE. Here it goes: somebody is spreading voices about genocides…that never happened! People should learn history, politics and languages THEN write….but nowadays you just need an account et voilà…tip everything you want!

In quanto storica (MA) e scienziata politica (BA) dell’Europa, con particolare interesse per Italia del Nord, Austria e Baviera, ho ricevuto negli scorsi mesi una segnalazione da un amico telematico, Alessandro De Vecchi, un triestino doc. Un qualche forum nazionalista italiano aveva aperto una discussione molto interessante…cavoli, vuoi dire che noi tontoloni chiusi nella torre iburnea dell´università ci siamo lasciati sfuggire un genocidio avvenuto proprio sotto i nostri occhi?

Il genocidio asburgico. 1866-1918, Come il governo di Vienna progettò e portò a compimento un genocidio di Italiani http://patriottismo.forumcommunity.net/?t=42882887

Un post del 2011 riporta (utilizzo il copincolla):

Il cosiddetto impero austriaco (austro-ungarico dopo il 1866) si è reso responsabile nei confronti della nazione italiana di una gran quantità di crimini e violenze.
È noto come esso abbia contribuito in modo decisivo a perpetuare a lungo lo stato di divisione dell’Italia, il possesso coloniale d’ampi suoi territori sotto dominio straniero, la condizione di sfruttamento economico, repressione culturale, oppressione politica e discriminazione etnica dei suoi sudditi italiani. È invece meno conosciuto come esso abbia progettato e portato a compimento dopo il 1866 un autentico genocidio a danno degli Italiani residenti nei propri possedimenti.

Una valutazione obiettiva e veritiera della natura dell’impero asburgico, fondato sul principio dell’egemonia dell’elemento etnico austriaco, può essere introdotta ricordando la verbalizzazione della decisione imperiale espressa nel Consiglio dei ministri il 12 novembre 1866, tenutosi sotto le presidenza dell’Imperatore Francesco Giuseppe. Il verbale della riunione recita testualmente:
Sua maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno” [La citazione della decisione imperiale di Francesco Giuseppe di compiere una pulizia etnica contro gli Italiani in Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia, Dalmazia, si può reperire in Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi, Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971; la citazione compare alla Sezione VI, vol. 2, seduta del 12 novembre 1866, p. 297]
La decisione governativa, presa al più livello dall’imperatore Francesco Giuseppe e dal suo consiglio, di procedere alla germanizzazione e slavizzazione delle regioni a popolamento italiano, Alto Adige, Venezia Giulia e Dalmazia, “con energia e senza riguardo alcuna”, attesta in maniera inequivocabile la natura discriminatoria ed oppressiva dell’impero asburgico nei confronti della minoranza italiana: si ricordi comunque come questo sia solo un esempio fra i molti della politica anti-italiana dell’Austria.
Tale atto di governo, preso direttamente dall’imperatore stesso, esprimeva la chiara volontà di condurre un genocidio anti-italiano, il quale fu poi effettivamente realizzato in Dalmazia ed intrapreso in Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige: soltanto la guerra e la vittoria italiana poterono impedire che anche in queste due ultime regione la presenza italiana fosse cancellata, come era avvenuto in quella dàlmata.

Questo progetto, elaborato consapevolmente dalle più alte autorità dell’impero asburgico e per manifesta volontà di Francesco Giuseppe stesso, fu sviluppato contro gli Italiani con una pluralità di modi:
1) espulsioni di massa (oltre 50.000 espulsi dalla sola Venezia Giulia nei soli primi anni del Novecento)
2) deportazione in campi di concentramento (oltre 100.000 deportati)
3) impiego di squadracce di nazionalisti Slavi nell’esercizio massivo della violenza contro gli Italiani (con migliaia di atti di violenza, attentati, aggressioni, omicidi ecc.)
4) repressione poliziesca
5) immigrazione di Slavi e Tedeschi nei territori italiani favorita in ogni modo dalle autorità imperiali
6) germanizzazione e slavizzazione scolastica e culturale (chiusura delle scuole italiane, cancellazione della toponomastica ed onomastiche italiane, proibizione della cultura italiana in ogni sua forma)
7) privazione o limitazione dei diritti politici
8) limitazione dei diritti civili

Ora, così a naso, la cosa mi sembrava parecchio strana. Possibile che nessuno storico avesse parlato di questa “voglia genocida”? Come mai, ricercando con google, l’intera galassia nazionalista italiana stava riportando allarmata la vicenda, con le stesse parole su tutte le piattaforme di discussione su internet? D’ altronde, però, finché la cosa rimaneva sui forum nazionalisti, poteva essere ignorata.  E’ chiaro che ognuno ha diritto a fare le proprie scelte riguardo alla militanza politica,  e a cantarsele e suonarsele fra simili secondo le proprie convinzioni, cosa che facciamo quasi tutti quando prendiamo posizione su un tema da “esseri umani” e non da professionisti. Al massimo avrei potuto fare chiarezza in vista della discussione della mia tesi dottorale in tutta calma e tenere i risultati per me e la cattedra di Storia Europea dell’Università di Salisburgo.

La cosa, però, è arrivata sulla Wikipedia italiana. Fra la possibilità che fosse un tema rilevante per il mio lavoro e la curiosità, ho anticipato i miei tempi d’azione.

Da brava dottoranda, sono andata diligentemente a consultare i protocolli ministeriali presso la facoltà di Scienze della Società e della Cultura di Salisburgo. Ho trovato i volumi relativi al gabinetto Belcredi e li ho letti attentamente, confrontandomi poi anche con gli studi che ho fatto e continuo a fare per le mie pubblicazioni.

Sperando che la casa editrice non si arrabbi (bitte keine Anklage!!!Ich habe kein Geld! Fair Use – Studienzwecke!), riproduco il pezzetto della discordia…è una porzione piccolissima che riproduco per motivi di studio – diciamo così – ed è reperibile in tutte le biblioteche universitarie dell’Austria, nonché – suppongo – anche in altre biblioteche nel mondo.

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Si tratta sicuramente di misure molto dure, ma del tutto limitate alla sfera burocratica: parliamo di un “ordine imperiale” di favorire l’occupazione di cariche ufficiali, burocratiche o di possibile influenza sulla popolazione (quali maestri di scuola) da parte di persone che non subissero l’influenza “italiana”, cioè che non facessero propaganda per la riunione di tutte le terre di lingua romanza/neoromanza sotto il Regno dei Savoia. Questo per il Tirolo del Sud, la Dalmazia ed il Litorale (interessante la non menzione del Welschtirol, il Trentino, ma solo quella di SüdtirolQuesto rimane un punto da chiarire. Da aggiornamento del luglio 2012 rimango ancora stupita dall´uso di  quest´espressione che ho sempre e solo trovato in fonti non ufficiali nel periodo prima della prima guerra mondiale. In un documento diocesano salisburghese del 1917 ho trovato l´espressione “sudtirolesi” rivolta proprio ai trentini, come modo per definire semplicemente la gente del Tirolo del Sud). Ora, è bene sottolineare subito che stiamo parlando dell’immediato post-1866, cioè del dopo “Terza guerra d’indipendenza”, per usare la definizione abbastanza etnocentrica che viene utilizzata nella didattica e – spesso – anche nella ricerca italiana. I problemi concreti della Duplice Monarchia erano legati ai segni di cedimento e disgregazione, che provenivano innanzitutto dagli ungheresi ed ovviamente dai Walsche militanti (non il popolo trentino, per esempio, piuttosto freddo rispetto alle idee nazionalliberali italiane…), che ora avevano un possibile stato nazionale a cui guardare. Negli stessi anni e negli anni successivi le strategie della Duplice Monarchia compresero, non a caso, uno stretto controllo sulle attività della Pro Patria – dal 1890 della Lega Nazionale – ed un sostegno ai croati – l´elemento croato all´interno della Duplice Monarchia – in funzione anti-ungherese. Ora, però, la ricerca non si può fermare qui. C’è da contestualizzare ed approfondire. La stessa edizione dei protocolli aiuta, in questo senso.

All’inizio del volume i curatori offrono un commento alla situazione della Duplice Monarchia, che contiene anche una sorta di glossa per questo punto dell’ordine. La trovate nello stesso tomo, alle pagine LI e LII. Il punto arrivò all’ordine del giorno a causa degli sviluppi poco sereni degli ultimi mesi, in un odg troppo lungo e completamente pieno. Il gabinetto mandò due giorni dopo una missiva alle autorità distrettuali di Trieste e del Litorale che invitò a pianificare coerentemente il controllo dell’ “elemento italiano”. Qualora fosse stata applicata conseguentemente – così i curatori – una simile direttiva avrebbe portato ad una modificazione sostanziale dell’ordinamento elettorale in vigore col precedente cancelliere, il liberale Anton von Schmerling, ordinamento che aveva come scopo il favorire nel Litorale l’elemento italiano-urbano rispetto a quello slavo-contadino. (Ma tu guarda…). Le direttive non furono applicate (e d’altronde, aggiungo io, non poteva essere diversamente, dato che la situazione cambiò parecchio per l’Austria – poi Austria-Ungheria) se non in due casi dove pare di poter vedere un tentativo di dar seguito alla politica di controllo sulle possibili influenze italiane. Uno dei casi è lo sforzo di porre fine all’uso dell’italiano come lingua di trattativa ufficiale (in affari o a livello amministrativo e burocratico, così si traduce il concetto di Geschäftssprache!) a Trieste, Gorizia ed in Istria. Nel punto successivo dell’ odg si evincono altri elementi interessanti: si discusse se applicare l’amnistia in seguito al trattato di pace al segretario del Consiglio comunale di Gorizia, Carlo Favetti, “pericoloso agitatore” e sudtirolese. Per molti, fra cui la suprema autorità distrettuale di Trieste, non era da amnistiare in quanto “pericolosissimo agitatore”, e dello stesso parere era il cancelliere, che era al corrente della sua militanza per un Sudtirolo italiano. Il Ministro degli esteri era invece per la clemenza. Favetti fu poi però amnistiato nel febbraio del 1867 in seguito a richiesta del ministro della giustizia.

Insomma, dopo un po’ di lavoro appare che non solo non vi fu genocidio (se no, perché non cominciare con Favetti?) ma che perfino le misure di controllo dell´”italianitá” furono accantonate, fermo restando la vigilanza sugli attivisti Pro Patria – Lega Nazionale e la punibilità di reati come attentati, diserzioni (cose comuni in ogni stato, perfino nelle democrazie liberali del 20° secolo). Il confine fra promozione della lingua e della cultura italiana/romanza e l’attivismo politico anti-Aquila a due teste non era facile da discernere in alcuni casi; nonostante ciò gli italofoni-Volksitaliener continuarono a poter vivere come Volksitaliener qualora evitassero di incorrere nelle maglie della giustizia penale (leggi pericolo per lo stato) o amministrativo (leggi non essere in possesso dei requisiti di residenza o cittadinanza necessari). Insomma, i punti elencati dai nostri visionari patrioti sono prodotto di fantasia. Dopo i Protocolli dei Savi di Sion, in effetti, sentivamo la mancanza di un qualche protocollo immaginario, e questa volta ce li siamo trovati “compilati” a partire da dei Protocolli reali – anzi, imperiali!

Il gabinetto Belcredi fu caratterizzato da politiche volte, conformemente alle idee dello stesso Belcredi,  alla conservazione dell’Impero “Austriaco” (Kaiserreich, da non confondersi con la Duplice Monarchia Austria-Ungheria), eventualmente alla sua trasformazione in senso federalista, e alla sua difesa dall’elemento “italiano” o “prussiano” o “ungherese”. Non a caso le trattative con l’Ungheria prima ed il compromesso poi nel 1867 videro la sua uscita di scena dalla politica. I tempi stavano cambiando e Belcredi ritenne di non essere più un attore adatto per il nuovo palcoscenico, probabilmente. Sulla sua figura vorrei ricordare anche che  proveniva da una famiglia nobile di origine italiana, pur essendo lui moravo di madrelingua tedesca. Un bell’esempio della complessità dell’Impero Austriaco.

Nessuna misura di repressione (tanto meno di pulizia etnica o genocidio) contro gli italiani in quanto tali da parte della Duplice Monarchia è stata finora da me riscontrata nelle fonti e nella letteratura, esclusi gli anni della guerra mondiale quando, ovviamente, vi furono rifugiati, internati civili, prigionieri di guerra (come in tutti gli stati coinvolti). Per ora so solo di alcuni ordini di vigilanza del 1907 (vedere nota bibliografica alla fine) rivolte ai Reichsitaliener (italiani regnicoli) lavoratori immigrati nel Tirolo e nel Salisburghese, quindi in un’ altra epoca in cui gli equilibri di potere in Europa e nel Mediterraneo si stavano spostando ed era in preparazione la guerra.  Non a caso le misure stesse erano da intendersi come direttive finalizzate al non farsi trovare impreparati in caso di mobilitazione bellica. D’altronde anche leggendo alcune opere (Una storia balcanica, a cura di Lorenzo Bertucelli e Mila Orlic; Strategie educative dei ceti medi italiani a Trieste tra la fine del XIX sec. e il 1914, di Vittorio Caporrella – un’opera decisamente “italianissima” ma che non nasconde la situazione di autonomia degli italofoni triestini-, Das Deutschenbild Alcide De Gasperis(1881-1954), di Michael Völkl, per citare le prime cose che ho sulla mia scrivania fisica o virtuale) si percepisce come le comunitá di lingua italiana/veneta, friulana, ladina avessero tutte le libertá previste dalle leggi austroungariche, ed in lingua italiana si potessero gestire scuole e corsi universitari.

Il problema è che troppo spesso gente a cui mancano i fondamentali di storia, scienza politica, diritto , lingue (ragazzi, col Macaroni-English o col Macaroni-Deutsch non si va da nessuna parte!) ha oggi il diritto di scrivere, e questo non su una propria pagina ma su un’enciclopedia come Wikipedia. E qui la nuova segnalazione di Sandi, che mi fa notare come una serie di cagate pazzesche (cit. Fantozzi) siano state recepite un tanto al braccio e sbattute lì. Già che c’erano, mi fa notare Sandi, è stato pure messo il povero Konrad zu Hohenlohe, da sempre impegnato nella mediazione proprio con gli italiani, specie in funzione di controllo sugli slavi, come mostro anti-italiano. Forse il povero principe è finito sulla lista nera a causa delle sue simpatie per le rivendicazioni dei lavoratori? Sandi mi segnala anche che è di dominio pubblico fra i triestini il fatto che i “provvedimenti di Hohenlohe” fecero licenziare i Reichsitaliener: non, cioè, i Volksitaliener cittadini austroungarici, ma i regnicoli –  dipendenti del Comune di Trieste. Difficilmente un’istituzione permette di occupare cariche ufficiali senza la cittadinanza, anche nelle democrazie liberali! Di nuovo, quindi, nessuna deportazione e nessun genocidio. In merito ho trovato la voce enciclopedica curata dall’Accademia Austriaca delle Scienze che conferma quanto affermato da Sandi: http://epub.oeaw.ac.at:8000/oebl/oebl_H/Hohenlohe-Schillingsfuerst_Konrad_1863_1918.xml

Intendiamoci, lo stesso dico degli altrettanto incresciosi episodi di dalmati di lingua veneta/italiana/romanza/come vi pare  “trasformati” in croati sulla Wiki inglese, una falsificazione ed un anacronismo insieme. (qui la fonte da cui sono venuta a sapere della cosa, in particolare consiglio la visualizzazione dell’articolo sui dalmati dimenticati http://www.storiainrete.com/4773/medio-evo/marko-polo-esploratore-croato-lennesimo-scippo-storico-di-zagabria ) D’altronde sempre di nazionalisti si parla…e proprio per un nazionalista sembra difficile accettare che vi furono, nella storia,  realtà che cercarono di far convivere diverse identità linguistiche e culturali, che esistettero stati non corrispondenti agli odierni con una cittadinanza che non era necessariamente collegata alla lingua madre, ecc… Sulla liceità e sulla fattibilità di una simile progettualità politica non intendo discutere in questo post, per separare il discorso politico da quello storico. Qui vorrei solo ricordare che gli anacronismi da nazionalista del 19° e primo 20° secolo sono veramente ridicoli e spesso sono mirati più al giustificare l’odierno che allo scrivere la storia in maniera scientifica. Un esempio che a me sta a cuore? Raimondo Montecuccoli ed il Muratori, modenesi come me, citati come italiani dalla Wiki italiana, il Montecuccoli citato come austriaco dalla Wiki austriaca. Non sono in preda ad un delirio campanilista, parlo dei Ducato di Modena, stato indipendente fino al 1859 e con una storia molto particolare mai sufficientemente valorizzata come é successo con quella del Libero Comune, alla quale la prima é strettamente connessa(sugli anacronismi assurdi segnalo anche un altro post del mio blog, quello sulla mostra per il 150° dell’Italia…).

Detto questo, le campagne basate su falsi storici sono cose che danno fastidio a me che sono una professionista del mestiere. Rimango del tutto irritata dal dilettantismo mili-tonto spacciato per storia, nonché dal bisogno di arrabbiarsi con la morta e sepolta Austria-Ungheria per presunti torti anti-italiani (in realtà semplici rivalità con lo stato savoiardo, una cosa ben diversa) nell’anno di grazia 2012.  Posso immaginare quanto sia poco gradito tutto ciò dai  poveri triestini, che mi hanno gentilmente segnalato queste vicende, triestini per secoli austriaci (eh, già, a scuola in Italia non lo insegnano che Trieste si era offerta agli Asburgo alla fine del 1300…vero?) e negli ultimi decenni confusi con veneti, friulani, istriani, dalmati e vittime di continue falsificazioni della loro storia.

Per ulteriori info: a destra trovate i link a due miei libri, in cui affronto in parte la storia dell’Austria; nei libri di storia militare troverete che nella Marina Imperialregia l’italiano era una lingua molto comune; spero quest’anno di finire e difendere la tesi di dottorato in cui, fra i tanti temi, affronto il tema dei profughi e degli internati trentini, triestini e dalmati a Modena e Salisburgo; se conoscete Sandi (Alessandro De Vecchi), potete accedere alla sua nutrita e curata documentazione sui falsi storici di stampo  revanscista-nazionalista, per la quale sono grata; le pagine di Wikipedia su Trieste, Dalmazia ecc…riportano spesso i falsi storici e lasciano visibile l’eventuale discussione sulle modifiche. Le misure del 1907 citate sopra, da in Hans Haas, Salzburg in der Habsburgermonarchie. Nationalbewusstsein, Patriotismus und Krieg. Der Krieg, in Heinz Dopsch, Hans Spatzenegger(hrsg. von), Geschichte Salzburgs. Stadt und Land, Bd. II, Neuzeit und Zeitgeschichte, 2. Teil, Salzburg, Universitätsverlag Anton Pustet 1988, p. 1007 e seguenti. Cito anche gli atti di una conferenza, Die Donaumonarchie und die Südslavische Frage von 1848 bis 1918, editi da Adam Wandriszka, Richard Georg Plaschka e Anna Drabek. Alcuni temi sono stati da me affrontati nei papers presentati da me ad alcune conferenze: cito in particolare il paper http://independent.academia.edu/FelicitaRatti/Talks/47939/Modena_and_Salzburg_during_and_after_FWW._The_case_of_mobilization_of_urban_elites_and_bourgeoisie_during_the_world_and_in_the_aftermath . Un articolo interessante è anche questo di Stefan Wedrac per la Rivista «Storia e Futuro», L’ Ira dell’Aquila, nonostante metta nuovamente Raimondo Montecuccoli come italiano 🙂 http://www.storiaefuturo.com/it/numero_19/articoli/1_lega-nazionale-litorale-austriaco-trieste~1224.html#1 con le versioni in italiano e tedesco nonché un riassunto in inglese.

Il cartello che segnò il confine a Borghetto fra Regno d’Italia e Duplice Monarchia d’Austria-Ungheria fino alla sua poco delicata rimozione nel maggio 1915 – Foto Felicita Ratti – Museo italiano della guerra

Sul problema Welschtirol/Trentino/Südtirol, ammetto che nella

maggior parte dei testi accademici i trentini vengono chiamati sudtirolesi,  mentre in alcuni documenti da me analizzati nell´Archivio Diocesano di Salisburgo i trentini vengono chiamati proprio “sudtirolesi”. Nelle fonti prevale l’ambiguità terminologica rispetto alla relativa chiarezza della letteratura accademica di qualità. La questione rimane aperta, ma molto probabilmente si intendeva l’intero Tirolo del Sud fino al Borghetto.

(continua – da rifinire – commenti costruttivi per una storiografia europea di livello sempre ben accetti, commenti distruttivi = si cercherà di volgerli in chiave costruttiva)

EDIT E AGGIUNTA/PRECISAZIONE 2024:
sono stati rimossi alcuni idiomatici usi di terminologia italiana non corretta seppur popolare, cercando di privilegiare la terminologia scientifica che si basa sulla traduzione dal tedesco (Duplice Monarchia al posto del più popolare e premiato anche in ottica SEO/SEM ma scorretto Impero austro-ungarico ecc.).
Ovviamente alcune delle persone citate nell’articolo si sono mobilitate politicamente in questi 12 anni: non è comunque un segreto che pure molti commentatori fossero militanti di altri movimenti politici né che si siano divertiti a spammare di commenti il blog. Si noti però che qui ci sono diverse fonti e diversi ragionamenti, che si possono anche rifiutare per convinzione personale, ma che sono basati su fatti.
Ovviamente questo blog è pressoché abbandonato a causa del cambio di carriera dell’autrice, e, salvo alcune modifiche per correggere errori di battitura o imprecisioni rilevate in 12 anni di ulteriore carriera, non si prevedono altre aggiunte contenutistiche.

L’autrice è però disponibile per corsi di lingua, storia e cultura di Austria e Germania in ottica comparata, nei quali spiegherà le differenze nella storia come materia di scuola e nella storia scientifica nei vari paesi, i punti di tensione e contrasto, le problematiche che sorgono sia nella storiografia sia nella politica: atypicalitalian.com. Preparazione esami di tedesco B2+/C1 inclusa per chi fosse interessato, se no si parlerà di Österreich vs. Österreich-Ungarn, di quale sia il “vero” tedesco (se esiste), di Krankenkasse vs. Sozialversicherung ecc. Allo stesso modo, è disponibile per traduzioni di manuali di storia e politica. I profili LinkedIn e i profili come A-Typical Italian sono i nuovi punti di riferimento per contenuti storia, lingua e cultura comparata di società e medicina. Grazie!

 

18 Comments to “Il genocidio inventato e la massa di pecoroni ignoranti…”

  1. Quindi lei dice che dopo l’ordine di FJ non successe nulla. Cito: “Per provocare un riequilibrio della situazione politica in Dalmazia in senso favorevole ai nazionalisti [ndr I nazionalisti sono i croati, in questo contesto], il governo Potocki sciolse anticipatamente la dieta dalmata; Fluck, fedele esecutore delle nuove direttive slavofile dell’imperatore, intervenne attivamente nella campagna elettorale per la nuova Dieta provinciale. Per la prima volta molti candidati nazionalisti furono sostenuti dalle autorità governative. Le elezioni del luglio 1870 sancirono un rovesciamento degli equilibri politici in Dalmazia, poiché il partito nazionale riuscì a conquistare la maggioranza nella Dieta provinciale, eleggendo 24 deputati (con Klaic eletto in due collegi) contro 16 autonomisti [ndr Gli autonomisti sono gli italiani, in questo contesto]”. La citazione è tradda da Luciano Monzali, “Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla Grande Guerra”, Le Lettere, Firenze 2004, p. 73. Se avrà la pazienza di leggere questo libro, scoprirà che da quegli anni in poi la dieta della Dalmazia – oramai stabilmente a maggioranza croata – chiuse tutte le scuole di lingua italiana della Dalmazia tranne quelle di Zara (forse lei ricorderà che Foscolo ha studiato a Spalato, in quel seminario vescovile dal quale discenderà direttamente l’istitutzione scolastica locale, in lingua italiana per molti decenni), nonostante svariati appelli dei locali abitanti per il loro mantenimento per lo meno parziale, accanto alle sacrosante (sacrosante lo dico io) scuole per la maggioranza croata. Ciò fu d’impulso – pochi anni dopo – per la Lega Nazionale per istituire una serie di istituti privati in lingua italiana, altrimenti gli italiani in Dalmazia non avrebbero avuto nemmeno una scuola nella propria lingua. Non mi reputo fra i “pecoroni ignoranti” giacché non frequento i blog irredentisti, ma sarebbe stato bene che lei non desse per scontato che gli austriaci non fecero proprio nulla di nulla per “gestire” gli italiani in nessuna delle parti dell’Impero indicate in quel documento. A proposito: se lei vuole sapere come la pensavano i triestini dei decreti di Hohenlohe, legga qualche articolo dell’epoca o i resoconti dei consigli comunali. E magari legga pure come veniva gestita l’espulsione degli italiani da Trieste, fra i quali ve n’erano alcuni che risiedevano da due o anche tre generazioni in quella città (le ricordo che anche il più famoso poeta triestino – Umberto Saba – era un “regnicolo”). Dove ha letto poi che “anche nelle democrazie liberali” non si concedono “cariche ufficiali” in mancanza della cittadinanza? Oramai da anni annorum i cittadini UE possono liberamente presentarsi ad un qualsiasi concorso pubblico italiano, ma le dirò di più: per una serie di lavori nel settore pubblico questa limitazione non vale nemmeno per gli extracomunitari. Infine, confermo: il Sudtirolo, in quel contesto, era il Trentino. Non di sicuro l’attuale Sudtirolo/Alto Adige.

  2. Facile citare “libri” italiani che, come prevedibile, raccontano peste e corna sul comportamento austrocroato contro gli italiani in tutto il litorale ma, come ha già spiegato (speravo, ma evidentemente non per alcuni) esaustivamente Felicita, la realtà era ben diversa.
    La Duplice Monarchia, dopo l’acquisizione dei territori adriatici ex-veneziani, iniziò una politica di equità sociale, la quale può venire vista come discriminatoria esclusivamente da chi, ex beneficiato, si ritrovò privato dei propri benefici.
    Si tratta proprio della minoranza italofona (o meglio, venetofona) che da minoranza urbana dominante su una grande maggioranza slava (soprattutto rurale), vide un progressivo incremento di provvedimenti volti a privare questa minoranza dei suoi plurisecolari privilegi, atti proprio a garantire un peso congruo nella vita pubblica dei suddetti territori a quegli slavi da sempre esclusi e sottomessi.
    Non si tratta di “discriminazione”, come da sempre propagandato dagli italiani, ma bensì di semplice equità.

    • Andiamo bene… Da una parte si afferma che non è successo nulla, dall’altra arriva il signor Heinrich Andrian ad affermare che quelli italiani sono “libri”. Con le virgolette. Lui che quel “libro” (con le virgolette) lì, ovviamente non l’ha nemmeno visto da lontano. E quindi lo giudica in base all’etnia di chi l’ha scritto! E poi s’inventa una teoria totalmente sballata sull’ “equità sociale” perseguita dalla Duplice Monarchia. L’impero come stato proto-socialista? Magari nell’epoca del neoassolutismo bachiano? O il signor Andrian confonde il concetto di “etnia” col concetto di “classe sociale”? Oltre a ciò, egli non ha proprio idea dei tempi e dei luoghi. Per quel che riguarda i luoghi, egli confonde il Litorale con la Dalmazia: la informo che sono due luoghi diversi, anche dal punto di vista amministrativo: il secondo era addirittura un Regno, sulla sorte del quale nazionalisti ed autonomisti (il nome “autonomisti” non è casuale: ma non sto nemmeno a spiegarlo perché forse sarebbe il caso che il signor Andrian s’informasse da sé) polemizzarono dalla fine degli anni ’40 del XIX secolo fino al termine della Grande Guerra. Detto questo, il discorso era: successe qualcosa dopo la decisione imperiale di FJ o non successe nulla? Perché se non successe nulla, allora ha ragione la signorina Felicita, ma il signor Andrian dice che qualcosa successe. Dice che ci fu un “progressivo incremento di provvedimenti volti a privare questa minoranza dei suoi plurisecolari privilegi”. Privilegi di che tipo? Parliamo della vecchia teoria di Grga Novak degli anni ’50 del secolo scorso sul predominio etnico italo-veneziano sugli slavi? O parliamo della nuova storiografia croata degli ultimi vent’anni, che invece riconosce – ma il signor Andrian non lo sa – che i veneziani non operarono nessuna scelta di tipo etnico-politico nei loro domini coloniali? Concetti invero un po’ faticosi da assimilare, ma ci si può sempre provare. E per quanto riguarda i privilegi che negli anni ’70 del XIX secolo avevano gli italiani della Dalmazia, parliamo per esempio di quel “vergognoso privilegio” (le virgolette le metto io, questa volta) di avere una scuola popolare (corrispondente alle scuole elementari attuali) in lingua italiana a Lissa, eliminata per decisione congiunta della Dieta provinciale e del consiglio comunale a maggioranza croata e non ripristinata nonostante una raccolta di firme di oltre 100 capifamiglia, e nonostante la legge che – in teoria – ne avrebbe imposto il mantenimento? E’ questo il “plurisecolare privilegio” giustamente tolto? E visto che si parla di “plurisecolare”, si ha l’idea di quanto “plurisecolare” era, questa scuola? L’avevano fondata… gli austriaci! Quindi è stata creata più negli anni ’20 dell’800, e eliminata negli anni ’80 a seguito di questa nuova politica assimilazionista croata, spalleggiata dal governatore – di nomina imperiale. Però – sia chiaro – non è successo niente.

  3. Innanzitutto volevo ringraziarvi entrambi per i commenti. Un po’ di discussione ci vuole! Metterò pian piano diversi spinti nuovi mentre vado avanti con la dissertazione.
    Vorrei iniziare con una dovuta precisazione: il fulcro della discussione nel blog in questione è legato a quell’ordine imperiale citato e copiato (finora nessuna denuncia, fiùùù!!), e ai famosi pecoroni ignoranti che stanno facendo copincolla fra forum e siti come da citazione sopra.
    Ora, da ricerche mie e degli stessi curatori dei protocolli ministeriali, appare evidente che l’ordine non fu applicato. Non intendo qui ripetere quanto scritto nel testo principale, perchè non ha assolutamente senso. Basta andarsi a rileggere il tutto. Come dice Heinrich, mi pare che la questione fosse chiara.
    Altra cosa è quella che possiamo definire un po’ alla leggera (tanto non siamo su una rivista) la “questione croata”, che – come scrivevo io sopra – ha portato a lasciare nelle mani degli stessi croati (considerati come “elemento croato” all’interno dell’Impero tutto) una certa discrezionalità. Questa decisione non era stata presa in funzione anti-italiana da parte della Casa Habsburg e della sua classe dirigente, ma bensì anti-ungherese. Le decisioni prese poi dai nazionalisti croati eletti a maggioranza nei loro territori erano coerenti con il loro programma, speculare a quello dei nazionalisti italiani e tedeschi. Tutti partiti che si dichiaravano “liberali” ma che avevano mire di X-azione del tutto identiche (con poche eccezioni di personalità veramente liberali). Non c’entravano quindi gli ordini imperiali o le politiche dell’Impero. Sarebbe anche onesto interrogarsi sul come mai i nazionalisti croati prendevano la maggioranza nelle elezioni.
    Le opere di Casali non sono disponibili in biblioteca qua, ma ho trovato qualcosa on-line (W le riviste elettroniche ed il proxy dell’Uni Sbg!) e ho letto che si tratta di ricerche rigorose con fulcro “Italiani in Dalmazia”. Questo è importante, perchè è ovvio che se l’opera intende trattare di quel tema, si concentrerà su di esso. Dico delle ovvietà che potrei risparmiarmi? Evidentemente no, perchè girando per forum si leggono citazioni di Casali usate in maniera decontestualizzata e forzata per assolutizzare la storia della Dalmazia e scriverla unicamente gravitando attorno alle vicende degli italofoni di Dalmazia. Che i nazionalisti croati siano folli come i loro omologhi italiani l’ho detto chiaro e tondo già prima, ma questo non deve mai portare ad una storia monocolore “per autodifesa”. E’ chiaro che i rapporti italofoni-croati sono tesi ora come lo erano allora e che oggettivamente molti italiani e/o italofoni sono stati in diverse situazioni vittime di croati. E’ chiaro anche che parliamo di terre in cui diverse tradizioni linguistiche e culturali convivevano e si mischiavano pure, e che diverse micro-regioni avevano equilibri o squilibri diversi fra loro (Trieste non era la Carnia, non era l’Istria costiera, non era l’Istria dell’entroterra, non era la Dalmazia, non era come le terre intorno a Trento, o come le valli fra Trento, Bolzano, Cortina…. Di nuovo, pare di dire delle ovvietà ma penso che sia giusto ricordarlo…).
    La domanda sull’uso del termine “Sudtirolo” non era una domanda “da polli”, si trattava della mia riflessione sul fatto che per la prima volta ho trovato in una fonte ufficiale quel termine prima del 1914. Fino a quell’anno si è sempre parlato per ovvie ragioni del Tirolo, al massimo del Welschtirol per le regioni abitate da italofoni o ladini ma in maniera molto “informale”. Penso sia interessante osservare come cambiano le definizioni ed il loro uso, perlomeno lo è a fronte delle fonti che sto analizzando.
    Mi fermo qua e magari ritorno su dei temi più avanti. Rimetto anche a posto qualche frase e metto aggiornamenti.

  4. Egregia Felicita. Intanto mi complimento con te per il tuo tono pacato. Non è cosa frequente in questa tipologia di discussioni. Dopo questo tuo intervento però sono andato a verificare un paio di cose. La prima: se è vero – come scrivi tu – che “ricercando con google, l’intera galassia nazionalista italiana stava riportando allarmata la vicenda, con le stesse parole su tutte le piattaforme di discussione su internet”. Allora ho fatto la stessa googolata che hai fatto tu: inserendo “genocidio austriaco” vengono fuori diversi blog. Nessuno però che riporti la notizia dell’ordine di Francesco Giuseppe. Allora ho googolato “genocidio francesco giuseppe”. A questo punto viene fuori il testo da te indicato nel link all’inizio di questa pagina. Un forum di nome “patriottismo”, chiaramente neoirredentista. Poi basta. Allora ho provato con “genocidio asburgico”. Oltre al primo forum (“patriottismo”) viene fuori lo stesso intervento, in un forum di nome “irredentismo”. Poi basta. Ho googolato varie altre combinazioni, ma il risultato è sempre lo stesso: questi due forum più un terzo, con un intervento copia/incolla, il che fa pensare che la mano sia sempre la stessa. A questo punto, tu che sei – come tu stessa dici – “storica (MA) e scienziata politica (BA) dell’Europa, con particolare interesse per Italia del Nord, Austria e Baviera”, forse avresti dovuto porti una domanda: questi due/tre forum sono denominabili “galasssia”? Io dico che non sono “galassia”, né “sistema solare”, ma nemmeno “pianeta”: un piccolo “satellite”, forse. Felicita: sarebbe forse stato meglio chiamare le cose col loro nome: “Un tizio in due/tre forum ha scritto eccetera eccetera. Ed io – che sono storica purtuttavia non conoscevo l’esistenza di questo testo – sono andata a cercarne l’originale per capire se si trattava di una taroccatura”. Giacché il buon segnalatore De Vecchi (“triestino DOC” con questo cognome? lui stesso nei forum si presenta come “Sandi Volk” proprio per evitare di farsi dare del “regnicolo”, visto che il cognome “De Vecchi” è prevalentemente lombardo, e quindi per via paterna viene da ovest di TS, non certo dalle lande di tradizione imperial-regia) non conosceva questo testo e addirittura dubitava che fosse mai esistito, allora ha chiesto a te un parere. E tu hai scoperto che questo ordine imperiale esiste, il che è già un bel punto d’inizio. Sarebbe poi da farti notare una cosa: esiste anche un forum “legittimista pro FJ” che invece s’è inventato una diversa e sballata traduzione del testo: eccolo qui: http://associazione-legittimista-italica.blogspot.it/2012/02/francesco-giuseppe-i-dasburgo-lorena-un.html . Quindi – come si vede – ravanando per internet si può trovare tutto e il contrario di tutto. Resta comunque i fatto che questo ordine venne dato, esattamente nel modo in cui è citato e tradotto in Wikipedia. Adesso tu dici che questo ordine non è mai stato eseguito. Monzali invece dice che i suoi effetti si videro in Dalmazia. A chi dare ragione? Tu hai il tuo curriculum, ma anche il Monzali vive nella tua stessa “torre eburnea” universitaria. Anzi: lui non solo è un professore ordinario, ma è proprio specializzato sul tema, visto peraltro che conosce il croato, ha sposato una dalmata e ha frequentato molto spesso gli archivi dell’Adriatico orientale. Sarebbe troppo lungo stare qui a citare fonti e controfonti per dare un’idea di come vissero i cinquant’anni fra il 1866 e il 1910 gli italiani di Dalmazia. Mi permetto solamente di rinviare ad un piccolo e temporalmente limitato zibaldone: http://sarcastycon3.wordpress.com/2010/09/13/genocidio-in-dalmazia/. Lascia perdere – per cortesia – i toni neoirredentistici dell’autore. Concentriamoci per un attimo sui fatti. Che siano veri o che non siano veri gli episodi qui raccontati? E cosa succedeva alla Dieta della Dalmazia? Leggi il libro di Monzali, e troverai i virgolettati per esempio di Miho Klaic, che affermava non esistere un elemento italiano in quella regione, pertanto quelli che si dicevano italiani dovevano o sparire o assimilarsi. Tutto ciò deriva o no dall’ordine imperiale del 1866? Diciamo che c’è una singolare continuazione temporale fra questo e i fatti raccontati dopo. Diciamo anche che le rilevazioni sulla “lingua d’uso italiana” dei censimenti austriaci indicano le seguenti percentuali (prendiamo solo quelle dal 1880 al 1910, per motivi che se vorrai spiegherò in seguito): 1880: 5,8% – 1890: 3,1% – 1900: 2,6% – 1910: 2,7%. Quindi in trent’anni gli italofoni in Dalmazia diminuirono di oltre il 50% in percentuale (maggiori dettagli li potrai trovare in un ampio e abbastanza recente studio storico/statistico di Olinto Mileta Mattiuz). Concordo col fatto che non si tratti di un genocidio: non è stata perseguita la morte fisica degli italiani in Dalmazia. Ne è stata perseguita apertis verbis (basta leggere i testi coevi!) l’assimilazione. Nell’Annuario Dalmatico del 1861 (quindi stiamo parlando di cinque anni PRIMA di Lissa) si scriveva (in lingua italiana): “In Dalmazia non v’è né vi può esser altra nazionalità che quella slava o più propriamente croato-serba”, e ancora: “A torto alcuni Dalmati si credono Italiani; essi non sono Italiani che di cultura”. “La Carniola, la Croazia e anche la Serbia attuale, sono destinate ad assimilare elementi germanici alla nostra personalità; ad assimilarnele di latini è destinata la Dalmazia. A tal fine essa deve essere slava in tutto e per tutto”. Diciamo quindi che le nuove propensioni politiche incarnate dal’indirizzo imperiale del 1866 s’innnestarono in un tronco di pan-slavismo già assai florido, il che portò di fatto all’eliminazione prima della classe dirigente politica locale italofona dalmata, e poi all’assimilazione più o meno forzata di oltre il 50% degli italofoni nei soli trent’anni che vanno dal 1880 al 1910. Il tutto in un quadro nel quale l’autorità imperiale continuò a nominare a governatore della Dalmazia degli elementi filonazionalisti croati uno dopo l’altro, che regolarmente lavorarono di conserva con la Dieta a maggioranza croata e con le amministrazioni locali dominate dal partito nazionale croato al fine di eliminare l’influenza italiana nella regione. Se questa fu una politica scientemente perseguita da Vienna e non solo dai croati locali, è elemento di discussione. Resta però il fatto che furono decine e decine gli indirizzi di supplica inviati dagli italiani della Dalmazia a Vienna, rimasti regolarmente inascoltati.

  5. Chiedo scusa se scrivo un altro intervento. Il fatto è che sono rimasto colpito da una tua affermazione: “La domanda sull’uso del termine “Sudtirolo” non era una domanda “da polli”, si trattava della mia riflessione sul fatto che per la prima volta ho trovato in una fonte ufficiale quel termine prima del 1914. Fino a quell’anno si è sempre parlato per ovvie ragioni del Tirolo, al massimo del Welschtirol per le regioni abitate da italofoni o ladini ma in maniera molto “informale””. Affermazione che mi lasciava un po’ perplesso, giacché io personalmente avevo sempre saputo che la dizione Sudtirol (non ho la tastiera con l’Umlaut e non ho voglia di copia/incollare ogni volta la u con la dieresi, comunque ci capiamo) era stata utilizzata in moltissimi contesti dagli austriaci per indicare il Trentino. Allora questa sera sono andato a caccia di qualche fonte – come dici tu – “ufficiale”. Per la precisione, sono andato alla ricerca di qualche testo di legge. Ed ho trovato – per esempio – un “Erlass des Finanzministeriums vom 28. October 1861” nel quale la parola Sudtirol è usato per indicare il Trentino (“Gesetzblatt fur das Land Osterreich”, Wien 1861, p. 490). Idem con patate per il “Zentralpolizeiblatt” del 1867 (tutti i trentini sono indicati come “geboren in Sudtirol”) e per altre decine (letteralmente!) di pubblicazioni legislative e non, tutte rigorosamente pre-1900. Se hai bisogno di altri titoli, posso fornirteli.

  6. Arrivo pian piano….purtroppo col terremoto ho parecchie cose a mano….prima che mi dimentichi, comincio con alcune valutazioni su Hohenlohe pervenutami da triestini, che riporto cosí non vanno perse, rischio tipico delle fonti oral history.
    a) “Rispondo alla sua richiesta : sotto il governatorato di Hohelohe a Trieste non si aveva il tempo di pensare ad altro che non fosse il lavoro.” (S.T., Trieste)
    b) “Non so risponderti, i miei nonni non si occupavano di politica e l’unico commento “politico” che rilasciò mio nonno ad un suo nipote che lo provocava, una sera che aveva bevuto un po’, era stato: “Oberdank? Un povero stupidin.” L’Amm. Koudelka era critico contro Hohenlohe, diceva che si accanniva inutilmente contro i “liberali” che invece erano del tutto innoqui, e citava un paio di casi nei quali i “liberali” si dimostrarono fedeli cittadini austriaci. Stessa cosa diceva Mussolini dei liberali di Trento nel 1909 e cioè che “facevano” gli italiani ma che erano asburgici fino al midollo. Probabilmente c’erano dei vantaggi ad essere italiani, come ad esempio i posti di lavoro.
    Il Comune di Trieste era chiamato “la magnadora”, quando era in mano ai “liberali”. Sembra che ne facessero di cotte e di crude, nepotismo, assunzione di amici e tanta attività politica. Dedicavano le strade della città ai nemici veneziani pur di far dispetto al Governo e si permettevano anche di pubblicare dei libelli antigovernativi, come quello sui fatti del 1868. Poi entravano nella gestione delle scuole, pretendevano lapidi e busti di personaggi italiani, si rifiutarono sempre di aprire scuole per sloveni, croati e tedeschi ed impedirono addirittura che classi di lingue diverse fossero presenti nello stesso istituto.
    Erano in parte tenuti a freno dai socialisti e dai cattolici, specie i primi. Ma suppongo che a Vienna, quando sentivano parlare del Comune di Trieste, a qualcuno venisse mal di testa. Le competenze del Comune erano straordinarie, si occupava di istruzione, sanità ed anche di ordine pubblico. Non ho ancora capito invece come fossero i flussi finanziari erariali tra cittadini, Comune e Stato.
    Non so con precisione chi e quanti fossero, i regnicoli assunti dal Comune che furono poi licenziati dai decreti Hohenlohe. Ho letto in giro di qualche migliaio, ma non ne sono certo.
    Koudelka riporta il podestà Valerio, che affermava che il Comune non poteva fare altro che assumere regnicoli, perchè nessun triestino voleva fare gli stessi lavori. Girano molti aneddoti a Trieste, sull’entità degli stipendi comunali, che sembra fossero particolarmente bassi. Sembra che scaricando caffè in porto per qualche giorno, si riuscisse a guadagnare di più.
    Ma ad occhio quella di Valerio mi sembra una giustificazione, a Trento, Gorizia e nel Friuli austriaco non risultano situazioni simili. Ed altre volte, quando si trattava di costruire scuole italiane o monumenti, il Comune riusciva sorprendentemente a trovare cifre anche ingenti.” (Sandi, sempre da TS).

  7. I decreti Hohenlohe – nel contesto di cui stiamo parlando – mi paiono leggermente fuori tempo massimo rispetto a FJ del 1866: essi furono promulgati nell’agosto del 1913, ed appartengono quindi all’estremo periodo imperial/regio, un anno scarso prima della dichiarazione di guerra alla Serbia, dopo le guerre balcaniche che hanno ridisegnato la storia di quelle terre, dopo la nascita del progetto trialista nell’impero eccetera eccetera. Siamo poi in un contesto notevolmente degenerato rispetto al terzo quarto del XIX secolo: a Trieste dominano la scena politica i liberali, che oramai hanno virato verso una politica quasi apertamente irredentistica. Le lotte con i rappresentanti sloveni al comune sono all’ordine del giorno, a dispetto di quanto racconta spesso in internet lo stesso Sandi/De Vecchi che t’ha fornito la sua testimonianza indiretta: l’Austria non è quel paradiso di convivenza dei popoli. Le spinte centrifughe sono oramai divenute prepotenti, così come le frizioni fra tedeschi e slavi in Boemia, in Carinzia, in Slesia, fra ungheresi e croati nella Croazia storica, fra italiani e slavi nel Litorale e in Dalmazia (anzi: in Dalmazia oramai i croati hanno preso il sopravvento, tranne che a Zara), e così via. La questione dell’università in lingua italiana a Trieste ha esacerbato vieppiù gli animi a Trieste.

    Il 29 agosto 1913 si tiene il consiglio comunale a Trieste sulla questione dei decreti Hohenlohe: sono presenti 44 liberali, 4 socialisti e 9 slavi (così definiti dalla stampa locale: non “sloveni”). La piazza sottostante è piena di gente, guardata a vista dall’intero corpo delle guardie comunali, mobilitato per l’occasione. Incidenti antiitaliani organizzati dagli sloveni s’erano svolti pochissimo tempo prima e si svolgeranno anche ai primi di settembre, con cortei e grida contro l’Italia scandite sotto le finestre del consolato italiano. Nel corso della riunione, tutti gli intervenuti dei liberali si scagliano contro questi decreti, che dall’anno della promulgazione della legge (1867) vengono fatti valere per la prima volta nella storia dell’impero. Il presidente della camera del lavoro – Debin – fa notare che a Praga e a Graz i tedeschi (quindi non sudditi austriaci) impiegati pubblici sono centinaia, e si scandalizza per il fatto che a Trieste sola viene riservato un trattamento speciale. Vari altri interventi criticano aspramente questa legge, fino a quando prende la parola il capo degli sloveni, l’avvocato Vilfan. Allora si scatena un tumulto in aula, con questi che accusa i liberali di voler dare Trieste agli italiani. I liberali gridano agli slavi: “Spie! Poliziotti!”, mentre questi ultimi affermano: “Trieste dev’essere data ai triestini!” Le controaccuse dei liberali riguardano il numero di immigrati sloveni, aumentati notevolissimamente negli ultimi anni, si sta per venire alle mani, poi dopo urla e insulti di vario tipo, accompagnati da scampanellamenti vari, prende la parola il rappresentante socialista Puecher. Questi dichiara che voterà a favore del ricorso proposto dal comune di Trieste contro i decreti Hohenlohe, in nome del diritto al lavoro per le famiglie italiane che altrimenti perderebbero ogni possibilità di sostentamento. Si fanno gli esempi di alcuni impiegati italiani che sono nati a Trieste e lavorano per il comune da trent’anni. Alla fine l’ordine del giorno contro i decreti Hohenlohe viene votato: 48 a favore (liberali e socialisti) 9 contro (slavi). Fuori in piazza si festeggia. Le guardie operano qualche arresto.

    E adesso veniamo ai numeri. Qui leggo addirittura di “migliaia” di italiani che dovettero perdere il lavoro. Leggende metropolitane, nate in certi ambienti per far credere che il comune di Trieste fosse letteralmente assediato dai regnicoli. Si trattò esattamente di 39 persone (questo fu il numero ufficiale indicato dal governo austriaco il 25 novembre 1913). Le quali però – anche a causa delle furibonde proteste triestine e della presa di posizione del governo italiano – quasi tutte rimasero al loro posto. Una tempesta in un bicchier d’acqua, quindi? Diciamo che fu un’occasione in cui un esperto e nobile uomo politico austriaco di nome Konrad zu Hohenlohe scivolò s’un’enorme buccia di banana (pare su consiglio dei politici sloveni triestini) causando una crisi diplomatica fra Italia e Austria s’una questione che poteva benissimo risparmiarsi. D’altro canto, in Italia non s’aspettava altro: la vicenda divenne fonte di altissime proteste e di una campagna di stampa antiaustriaca, ottima per i tempi grami che s’andavano profilando.

  8. L’ordine non fu applicato ????? Da pecorone ignorante sobbalzo nella sedia. E se anche fosse? Quanti carabinieri o soldati del regio esercito ebbero l’avvedutezza di non applicare le leggi razziali di Mussolini, vorremmo per questo perdonare i Savoia? L’illuminato impero austriaco che lascio’ il Veneto gonfio di miseria e disperazione come il ventre dei suoi cittadini fu la vera grande iattura del nostro paese. Voler riassumere e giudicare l’operato di un impero poliziesco, retrogrado e repressivo nella interpretazione di un protocollo ministeriale e’ come veder la pagliuzza e non la trave. La trave si puo’ riassumere brevemente cosi’: le citta’ costiere di Istria e Dalmazia, italiane o romano-venete che dir si voglia per cultura, tradizione, dimensione demografica e consistenza della classe dirigente ed intellettuale furono sottoposte ad una studiata intromissione dell’elemento slavo di estrazione balcanica da parte degli austriaci, con o senza circolari ministeriali. Il tutto si manifesto’ con atti di violenza inaudita e provocazione nazionalista artatamente pianificata. Le consequenze furono analoghe a quelle riscontrabili in Irlanda del Nord o Palestina: due popoli contrapposti; solo che in questo caso la contrapposizione fu favorita e fomentata da un potere centrale ben identificabie. Le conseguenze? Un genocidio di fatto ai danni dell’etnia italiana, come conseguenza di tale operato, avvenuto fattivamente nel 1943. In tal senso le consiglio di chiarirsi le idee: genocidio puo’ esse descritto come ” Gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Cio’ divenne conclamato alla fine della guerra ma come epilogo di un processo ben piu’ lontano ed attivato in modo rigoroso dopo il 1866 da parte degli Asburgo. La estromissione dalle proprie terre avite di 350000 italiani e la barbara uccisione di decine di migliaia di altri fu un genocidio, se lo ficchi in testa. Di fatto una popolazione da sempre maggioritaria e protagonista in quei luoghi fu letteralmente spazzata via ed il virus nazionalista fu iniettato ben prima di Tito. Grazie agli austriaci abbiamo ritardato di qualche secolo l’unificazione italiana, perso Nizza, la Savoia ed indirettamente l’Istria e la Dalmazia, ma come al solito qualsiasi sana rifessione a proposito deve essere soggetta alle forche caudine del “vietato difenderci” altrimenti si passa per beceri e gretti nazionalisti. La persona che ha osato offrire tale analisi e’ tutto tranne che un pecorone ignorante anche perche’ munito di abbondanti riferimenti bibliografici. La invito a unirsi alla nostra omologata classe accademica, per lei non dovrebbe essere un grande sforzo, il gregge necessita sempre di linfa nuova, ma mai diversa: nessuno osi sfidare il dogma, soprattutto in certi ambienti.

    • Ho fatto un lavoro di ricerca in cui é chiaro che 1) le misure di FJ non sono state applicate, è inutile girarci intorno o inventarsi le cose, a seguire il riassunto delle argomentazioni 2) quelli che probabilmente, per non dire sicuramente, volevano far fuori gli italiani erano i nazionalisti croati, non gli Asburgo, nè tantomeno i tedeschi dell’impero, nè i croati non nazionalisti 3) la storia dell’impero retrogrado e poliziesco è buona per chi forse legge e ascolta i non professionisti della storia. Chiunque confronti le legislazioni e le misure italiane ed austro-ungariche affidandosi alle fonti sa benissimo che non era così (Bava Beccaris, decimazioni, processi sommari…). Questo a dispetto di diverse ottime teste pensanti italiane, fra cui lo stesso Cavour che voleva certamente innovare e non aveva certo eguali in Austria-Ungheria (vede che non sono così cattiva verso gli italiani? 🙂 ). L’unico problema dell’impero era di essere visto come un anacronismo di fronte ad un progressivo affermarsi degli stati nazione, se proprio vogliamo trovare il vero fattore di arretratezza, e questo gli è costato probabilmente 3) i cittadini asburgici di lingua italiana al di fuori delle zone dove vi erano nazionalisti croati stavano benissimo e continuarono a stare benissimo, furono sottoposti ad una vigilanza preventiva solo nel 1907 che mirava a fare liste di possibili “irredentisti”. Italofoni e ladini asburgici stavano benissimo, lo stesso si può dire dei tanti italiani regnicoli che emigravano come frontalieri o come permanenti in Austria e Baviera e continuarono ad emigrarvi fino all’ultimo, statistiche importanti sulle quali dirò qualcosa nel mio prossimo libro. I problemi sorsero solo a fronte di una loro militanza o simpatia per il Regno d’Italia, oppure qualora casa loro fosse lì lì per divenire campo di battaglia 4) sul resto della faccenda dell’italianità nei Balcani probabilmente la pensiamo in maniera più simile di quel che non sembri, e mi pareva di aver lanciato due stoccate al nazionalismo croato già nel testo. Le dico anche che ci sarebbe da fare un lavoro di riscoperta e promozione dell’italiano, dell’istro-veneto e delle lingue perdute e dimenticate nei Balcani, figuriamoci se non mi schiero dalla parte della cultura. Certo è che non sarebbe facile, visto anche il poco amore fra slavi del sud stessi di cui ricordiamo probabilmente le guerre degli anni Novanta…
      Per finire, io non imputo assolutamente le leggi razziali e quel che venne ai Savoia, ho un modo di analizzare le cose ben diverso…che peraltro mi evita di fare assurdi paralleli fra una situazione sfociata in una BEN DOCUMENTATA persecuzione (le cui cause sono piuttosto complesse) e lo “sclero”, in gergo giovanile, di un imperatore che le ha appena prese di santa ragione in guerra ed in geopolitica.
      A proposito, se gli Asburgo erano così genocidi, come mai Belcredi e Favetti (vedere testo) non furono ammazzati? Come mai a Salisburgo e nel Salisburghese non hanno sterminato i profughi trentini che erano negli alberghi e nei conventi, indifesi? Come mai durante la spagnola hanno provato a ospedalizzare tantissimi soldati italiani prigionieri? (vedere mio libro “Una regione ospedale”). Non potevano lasciarli morire anziché provare a salvarli? Come mai ancora oggi gli elenchi telefonici austriaci sono pieni di cognomi italiani e romanci? (mentre quelli ebraici sono molti di meno…). Tomaselli, Rossi, Ermacora, Spiluttini, i primi cognomi diffusissimi che mi vengono in mente.
      Le dico che non parlo/scrivo per sentimenti personali o per sentito dire, giro da anni per archivi e biblioteche e mi baso su quello che trovo e riscontro. Qualche link ce l’ho anche messo, basta dare una guardata e magari approfondire; il protocollo l’ho pure fotografato. Quello che è successo dal 1918 in poi è un’altra cosa, che non è il tema di questo mio controbattere ad un presunto “genocidio pianificato dagli Asburgo”.

  9. Signora, lei sta dicendo cose insensate. Che molti austriaci abbiano nomi italiani vuol dire meno di niente; anzi, considerata la storia dell’ottocento, tutti gli originali detentori di questi nomi vanno considerati come persone che fecero scelte di campo anti-italiane. Non e’ certamente un caso che uno dei piu’ brutti arnesi del razzismo voelkisch degli anni trenta, autore di un librone dal significativo titolo Volk und Blut, pubblicato a Vienna nel significativo anno 1934, portasse il nome Menghin. Se lei vuole indicare questo tipo di personaggio come indice di una volenterosa prontezza alla fratellanza tra i popoli, questo poi nell’ex voelkerkerer, io direi che rappresenta piuttosto il discendente di colui che ha esercitato nel passato familiare l’antica vocazione di una certa Italia per andare al soccorso del vincitore e per disprezzare la propria origine.

    Avrei ben altro da dire (una misura “solo” burocratica? Ma siamo matti? In un impero che non era altro, che non aveva altro principio, se non la propria burocrazia, usare l’avverbio “solo”?), ma non ho tempo. Forse un giorno questo mi sara; utile nello scrivere la storia italiana per temi che vagheggio.

  10. Non necessariamente coloro che portano cognomi italiani discendono da persone che a suo tempo fecero scelte antiitaliane. Lei cita il cognome ”Menghin”. Orbene tale cognome é assai diffuso sia in provincia di Bolzano da tantissime generazioni cosí come nella provincia di Trento dalla quale proviene. Erano movimenti all’interno dell’impero per motivi professionali o di lavoro. E non per scelte anti-italiane. Quanto ai cognomi Ermacora e Spiluttini citati da Donna Felicita, essi sono prettamente friulani. Ed anche in questo caso non dettati da scelte anti- italiane ma per semplici movimenti all’interno dell’impero. Mentre per il cognome Tomaselli esso e´di chiara provenienza trentina. Vi sono cognomi tipo De Francesco(prov. di Trento) che si ritrovano nella provincia di Bolzano da generazioni di pertinenza a famiglie di stretta osservanza alemanna. E si trovano ivi non per scelta (fatta a suo tempo)in funzione anti-italiana bensi per meri e semplici movimenti all’interno dell’impero.

  11. Sto piacevolmente seguendo la discussione, mi perdoni sig.Barbieri però dire che vengono dette “cose insensate” è offensivo e non vero…sto leggendo come dicevo piacevolmente, non aggredisca è una cosa sgradevole, argomenti se non è d’accordo.

  12. La discussione pare avvitarsi a loop. La dr.ssa Ratti ritorna a dire che le misure di FJ non vennero applicate. E afferma d’aver pure fatte delle ricerche sul tema. E io ribadisco quel che scrive il massimo conoscitore di storia degli italiani di Dalmazia vivente, di nome Luciano Monzali, professore universitario, anche di recente intervistato da “Slobodna Dalmacija”: Ricito: “Per provocare un riequilibrio della situazione politica in Dalmazia in senso favorevole ai nazionalisti [ndr I nazionalisti sono i croati, in questo contesto], il governo Potocki sciolse anticipatamente la dieta dalmata; Fluck, fedele esecutore delle nuove direttive slavofile dell’imperatore, intervenne attivamente nella campagna elettorale per la nuova Dieta provinciale. Per la prima volta molti candidati nazionalisti furono sostenuti dalle autorità governative. Le elezioni del luglio 1870 sancirono un rovesciamento degli equilibri politici in Dalmazia, poiché il partito nazionale riuscì a conquistare la maggioranza nella Dieta provinciale, eleggendo 24 deputati (con Klaic eletto in due collegi) contro 16 autonomisti [ndr Gli autonomisti sono gli italiani, in questo contesto]“. Fra Ratti e Monzali a chi dar ragione? Lasciamo perdere le forme dei cognomi, che non dimostrano nulla né in un senso né nell’altro.

  13. Ringrazio la dott.ssa per la puntuale e oggettiva esposizione di una tesi finalmente scevrada preconcetti ideologici

  14. http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=22562#more-22562

    dove si può trovare citato Monzali e la sua ricerca che fonti storiche (e non una )
    NON confermano

  15. Solo adesso mi accorgo dell’ultimo commento di Marco Dapretto. In realtà il sig. Dapretto non ha letto il libro di Monzali. Dirò di più: nemmeno Tommaso Baldo e il collettivo Nicoletta Bourbaki – che hanno scritto l’articolo ospitato nel blog del collettivo Wu Ming – l’hanno letto! Il che è veramente incredibile: uno critica un testo… e non lo conosce! Perché dico questo? Perché i due autori a contrasto di ciò che argomenta Monzali – che parla solamente della situazione in Dalmazia in un libro che non a caso s’intitola “Italiani di Dalmazia” – oppongono… la situazione in Trentino! Artatamente tagliando e incollando un virgolettato monzaliano (e quindi manipolando la fonte) essi fingono che Monzali abbia argomentato le sue osservazioni con riferimento all’intero territorio imperiale, quando questo non è. Aggiungo una cosa: Marco Dapretto scrive qui che la ricerca di Monzali NON (tutto maiuscolo) sarebbe confermata da “fonti storiche (e non una)”. Quindi uno si dovrebbe aspettare un elenco di fonti che contrastano Monzali, all’interno del pezzullo wuminghiano. Se però si va a controllare, nemmeno questo è vero: gli autori contrappongono a Monzali (manipolato)… UNA FONTE (tutto maiuscolo), e cioè un testo di Angelo Ara. Dedicato al Trentino. Quindi ci troviamo di fronte a un singolare pastrocchio di concetti, fonti, controfonti e sbandieramenti di NON (tutto maiuscolo) conferme di Monzali, che in realtà esce da tutto ciò ancor più confermato nel suo assunto. Se si avesse la voglia di leggerlo…

  16. Grazie, uno scritto che ammonisce…la storia si ricostruisce con fonti non con opinioni o desideri…

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